Il 3 giugno 2025, in occasione dell’evento “Missione conciliazione: quando il cartellino comanda”, abbiamo affrontato il tema della conciliabilità vita-lavoro nei contesti professionali con orari rigidi.
Oltre alla tavola rotonda con testimonianze aziendali concrete in ambiti settoriali diversi, abbiamo organizzato un workshop che ha coinvolto rappresentanti del personale, figure dirigenziali e altri stakeholder provenienti da diversi settori. L’obiettivo era quello di raccogliere idee concrete e stimolare un confronto costruttivo, valorizzando punti di vista differenti.
Il risultato è una serie di proposte, riflessioni e spunti culturali che rappresentano una base preziosa per costruire ambienti di lavoro più equi, sostenibili e attenti ai bisogni delle persone anche nei contesti dove la flessibilità sembra meno praticabile.
Le riflessioni emerse dal laboratorio
1. Prevedibilità e stabilità nella pianificazione
I collaboratori che lavorano a turni esprimono un forte bisogno di pianificazioni anticipate, stabili e condivise. L’impossibilità di programmare la vita familiare e sociale è percepita come una delle principali fonti di stress. La prevedibilità è quindi una leva fondamentale per la conciliabilità.
🔹 Bisogno chiave: pianificazione chiara, tempestiva e partecipata.
2. Flessibilità individuale e personalizzazione
Emergono richieste per adattamenti personalizzati dei turni (es. turni fissi per chi ha figli piccoli, problemi di salute, responsabilità di cura, per chi vuole seguire una formazione o semplicemente per perseguire altri interessi e passioni). Questo rivela che non basta offrire flessibilità generica: serve una flessibilità calibrata sui bisogni individuali.
🔹 Bisogno chiave: margini di scelta individuale nella definizione dei turni.
3. Equità e reciprocità
La turnistica porta con sé un rischio di percezione di iniquità (es. chi fa più spesso i turni notturni o le domeniche). Per questo, i lavoratori chiedono equa rotazione, equilibrio tra carichi pesanti e una gestione dei cambi che non scarichi il problema su pochi.
🔹 Bisogno chiave: giustizia organizzativa nella distribuzione degli oneri.
4. Riconoscimento e valorizzazione
L’impatto della turnistica sulla salute, sulla vita sociale e sulla fatica accumulata è reale. I partecipanti hanno indicato la necessità di incentivi concreti (economici o in tempo libero), che riconoscano il sacrificio implicito del lavoro a turni.
🔹 Bisogno chiave: riconoscimento tangibile dell’onere del lavoro irregolare.
5. Supporti organizzativi e tecnologici
Il desiderio di strumenti digitali (es. app per gestire turni, cambi o comunicazioni) indica che la complessità della turnistica può essere alleggerita grazie a soluzioni tecnologiche intelligenti e inclusive.
🔹 Bisogno chiave: strumenti operativi per semplificare la gestione quotidiana.
6. Partecipazione e ascolto
Il bisogno di essere coinvolti nella costruzione delle soluzioni è emerso in modo trasversale. Focus group regolari e gruppi di lavoro tematici rappresentano una richiesta di voce e dialogo continuo tra management e personale operativo.
🔹 Bisogno chiave: partecipazione reale ai processi decisionali che ricadono sull’organizzazione dei turni e del lavoro
7. Senso di comunità e cooperazione
L’idea di favorire gli scambi tra team e di promuovere la corresponsabilità tra colleghi nei cambi turno evidenzia che la conciliazione è anche una questione relazionale, non solo organizzativa.
🔹 Bisogno chiave: clima collaborativo e solidale.
Vediamo come nei contesti a turni, la conciliabilità non può basarsi unicamente su soluzioni standardizzate. I bisogni che emergono richiedono una gestione più umana, equa e partecipata dell’organizzazione del lavoro, capace di integrare flessibilità, riconoscimento e strumenti pratici. Investire nella conciliabilità significa anche ridurre il turnover, l’assenteismo e il rischio di burnout in questi ambiti ad alta intensità.
Il ruolo della cultura aziendale
Dai vari gruppi di lavoro è emersa con forza una consapevolezza trasversale: la cultura aziendale è il fondamento imprescindibile su cui costruire misure efficaci di conciliazione, soprattutto nei contesti caratterizzati dalla turnistica. Strumenti e soluzioni organizzative sono certamente utili, ma non possono funzionare in assenza di valori condivisi, responsabilità diffusa, comunicazione trasparente e una leadership capace di ascolto.
Una cultura orientata alla conciliazione si riconosce dalla volontà concreta della Direzione, dalla coesione del management, dalla propensione al cambiamento e dalla capacità di garantire equità e imparzialità nell’accesso alle misure. È quindi fondamentale investire sulle competenze relazionali dei responsabili e creare un clima di fiducia e collaborazione.
Solo così le misure di conciliazione non resteranno sulla carta, ma diventeranno realmente fruibili e sostenibili per tutto il personale, anche nei settori più vincolati da orari rigidi.
Equità fra il personale
Quando in un’organizzazione coesistono ruoli d’ufficio e mansioni a turni, è essenziale promuovere la conciliazione per tutte e tutti, tenendo conto delle diverse esigenze legate alla tipologia di lavoro. Talvolta, tuttavia, le misure di flessibilità si concentrano soprattutto su chi svolge attività d’ufficio, rischiando di accentuare disparità interne. Per questo è essenziale prestare particolare attenzione a chi lavora a turni che spesso sostiene carichi organizzativi, fisici ed emotivi più gravosi.
Per evitare squilibri percepiti e reali all’interno delle organizzazioni, è necessario prevedere forme di compensazione e sostegno dedicate: ad esempio congedi aggiuntivi, agevolazioni nei trasporti, supporto psicologico, benefit extra o possibilità di scambio turno più agevoli. Solo in questo modo è possibile costruire un senso di giustizia organizzativa e rafforzare il legame tra collaboratori e datore di lavoro, anche nei contesti a maggiore rigidità oraria.
Le sfide emerse
Nel confronto sono emerse diverse sfide che ostacolano l’attuazione di misure efficaci di conciliazione nei contesti con orari rigidi.
Tra queste, la difficoltà di ascoltare senza giudicare, lavorando su bias e preconcetti ancora diffusi, così come la complessità di rispondere a bisogni generazionali molto diversi all’interno dello stesso team. Un altro nodo cruciale è la comunicazione dell’equità: è essenziale garantire trasparenza e coerenza nelle scelte, senza generare la percezione di regole arbitrarie o flessibilità mal gestita. Serve il coraggio di superare la rigidità dell’“abbiamo sempre fatto così”, imparando a esplicitare gli accordi e a tenere aperto il dialogo interno. I manager, infatti, non devono dire sempre di sì, ma devono essere in grado di argomentare le loro scelte in modo chiaro e condiviso.
Non va inoltre sottovalutata la tendenza a nascondersi dietro vincoli organizzativi o legislativi: una vera cultura della conciliazione richiede la disponibilità a uscire dalla zona di confort, assumendosi la responsabilità del cambiamento.
Il coraggio di andare oltre la “comfort zone”
Alla domanda posta durante il workshop “Quali sono, secondo voi, le misure più efficaci per il personale che lavora a turni?” le risposte più gettonate hanno puntato su misure che dimostrano attenzione ai bisogni quotidiani di chi lavora con orari rigidi, come la “pianificazione anticipata” e le “forme di pianificazione condivisa”. Soluzioni concrete, pragmatiche e facilmente attuabili.
Un segnale interessante: di fronte alla complessità, è naturale orientarsi verso ciò che sembra più immediatamente realizzabile. Viene spontaneo chiedersi se queste soluzioni sono sufficienti per trasformare il sistema, o rischiamo di fermarci a piccoli aggiustamenti senza affrontare le radici culturali e organizzative del problema?
Migliorare ciò che già facciamo è un ottimo punto di partenza. Ma per chi lavora con orari rigidi, potrebbe non essere sufficiente. La sfida, forse, sta proprio nel costruire insieme nuove strade, anche quando questo significa rimettere in discussione assetti consolidati.
Grazie per la partecipazione!
Un sentito grazie a tutte le persone che hanno partecipato al workshop, mettendosi in gioco con idee, proposte, dubbi e anche qualche provocazione. Il confronto autentico tra ruoli, settori e punti di vista diversi ha dato vita a una riflessione ricca e concreta, che non si esaurisce qui.
Continueremo a lavorare in questa direzione, con l’obiettivo di sensibilizzare aziende, istituzioni e politica sull’urgenza di ripensare la conciliazione anche – e soprattutto – nei contesti dove sembra più difficile. Perché il cambiamento culturale parte dal dialogo, ma ha bisogno di azioni condivise per diventare reale.
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