Best practice
Job-sharing in ospedale
Il CHUV sostiene qualsiasi misura che permetta di affrontare la sfida della carenza di professionisti. In questo contesto, il job sharing sta emergendo come un modo innovativo di organizzare il lavoro che apre ai medici opportunità di impiego a tempo parziale in settori tradizionalmente poco aperti.
Motivazioni
Il nostro personale è il fattore chiave per garantire l’eccellenza nell’assistenza ai pazienti grazie alle sue competenze e qualità. Pertanto, il CHUV sostiene qualsiasi misura che permetta di affrontare la sfida della carenza di professionisti. In questo contesto, il mantenimento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata è essenziale sia per gli uomini che per le donne. Sosteniamo modelli di organizzazione del lavoro flessibile perché contribuiscono a promuovere la realizzazione sul lavoro, a trattenere i talenti formati e a incoraggiare le carriere femminili: il job-sharing è uno di questi modelli.
Sempre più medici, sia uomini che donne, vogliono lavorare a tempo parziale, ma la maggior parte di essi non osa candidarsi per il part-time per paura di non essere percepiti come sufficientemente motivati per il lavoro.
Il lavoro a tempo parziale implica una presenza sequenziale al lavoro. Nell’assistenza medica per acuti, dove è necessario garantire la continuità delle cure ai pazienti, è necessario trovare soluzioni per coordinare i diversi professionisti che si occupano degli stessi pazienti. In questo contesto, il job sharing sta emergendo come un modo innovativo di organizzare il lavoro che apre ai medici opportunità di impiego a tempo parziale in settori tradizionalmente poco aperti. Nonostante gli evidenti vantaggi del job sharing nel contesto dell’attuale evoluzione della demografia medica e dell’organizzazione ospedaliera, questa pratica non è molto diffusa nel settore sanitario.
Nella forma praticata al CHUV, il job-sharing vincola il datore di lavoro e i due medici interessati con contratti di lavoro individuali. I due partner si sostituiscono nei compiti che normalmente spetterebbero a un medico che esercita al 100% e assumono una responsabilità congiunta. Attualmente, è praticata soprattutto dai medici anziani e dai medici senior. È aperto anche ai medici assistenti, anche se è consigliabile iniziare la formazione post-laurea a tempo pieno per acquisire più rapidamente esperienza clinica.
Il job sharing presenta diversi vantaggi, sia per i medici che per l’istituzione. Nelle testimonianze raccolte sono stati evidenziati aspetti quali la possibilità di condividere la complessità di alcune situazioni cliniche, l’arricchimento reciproco, la possibilità di garantire la continuità delle cure ai pazienti, la cultura del lavoro di squadra che ne deriva e l’aumento del tempo a disposizione per attività professionali non cliniche. Presenta anche alcune sfide, come la compatibilità dei partner in termini di valori e la condivisione di una visione comune per evitare disaccordi sull’atteggiamento terapeutico generale. Questo modello richiede inoltre fiducia reciproca, buona comunicazione (anche con i pazienti), flessibilità, trasparenza e tempo per la trasmissione delle informazioni.
Sembra essenziale adottare un approccio “pedagogico” e pragmatico per far conoscere il modello all’interno dell’istituzione. Il job-sharing richiede un cambiamento nelle pratiche e nelle abitudini e può essere realizzato solo se tutte le parti aderiscono al modello. Inoltre, è più o meno adattato a seconda della specializzazione e/o del servizio, per cui è necessario tenere conto delle specificità per valutare la pertinenza della sua attuazione. Anche il sostegno e la promozione da parte degli organi di governo sono essenziali, così come i progetti pilota per dimostrare i benefici del job-sharing nella pratica, senza minimizzare le sue sfide.
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Murielle Udry
Directrice adjointe des ressources humaines